Garganta

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“Tra le pompe funebri con l’insegna luminosa intermittente e la libreria agriculturale, ci trovi lì.”

Allora… l’aereo era bello stretto, ma non so come sono riuscita a dormire per quasi tutto il volo, alzandomi solo una volta per usare il bagno.

Buenos Aires mi ha accolto con un bel respiro caldo d’abbraccio, e mi ha sfrugulato la testa con ricordi di Roma, Tel Aviv e luoghi immaginari. La cosa interessante è che non ho avuto nessuno shock culturale, nessuno spaesamento. Tutto sembra molto europeo, anzi italiano, perfino romano per certi rispetti (senza le rovine). Anche le persone più o meno sembrano uguali, gli odori gli stessi. I viali sono più larghi, i palazzi un po’ più alti, le macchine un po’ più americane, e ci sono meno frutta e verdure fresche in vendita nei negozi, ma, nel complesso, questa potrebbe essere la Roma di un universo parallelo (Roma-Fringe?) in cui alcune cose sono organizzate meglio, ma in cui prevale lo stesso atteggiamento, di torpore, stanchezza di vivere, dell’inciampare su marciapiedi rotti e cacca di cane senza neanche pensarci perché, beh, non è un mio problema.

La sorpresina non molto piacevole è stata la malattia che pensavo aver debellato alla partenza. Dopo i primi due giorni, in cui pensavo che fosse solo il grande cambio di clima/umidità e jet lag a farmi sentire così, ho cominciato ad avere altri sintomi. Tosse, mal di gola. Oggi, incoraggiata dalla leggermente ansiosa mamma, ho deciso di farmi visitare da un medico, in caso ci fosse in atto qualcosa di peggio, tipo tonsillite.

Il destino ha vie misteriose, questo lo sappiamo, quindi mi sono ricordata che esattamente davanti casa nostra c’era un’insegna di “otorinolaringoiatria” (nello strano spelling spagnolo); niente di strano: ci troviamo accanto alla facoltà di medicina e siamo circondati di negozi e studi medici di tutti i tipi. Ogni volta che esco di casa per un caffè o il pranzo, noto sempre di essere circondata da uno strano mix di persone, alcuni che indossano camici medici, e altri che sono molto, molto vecchi, che parlano l’uno con l’altro a volumi assurdi e si portano in giro la bomboletta dell’ossigeno…

Comunque… sono andata dall’otorrrrino e, con uno spagnolo da prima elementare, mi sono fatta visitare in meno di 15 minuti, al costo di 300 pesos (che pare sia alto per qui, ma per 30 euro non era male). Alla fine ho scoperto che il medico parlava inglese perfettamente, e il verdetto è che si tratta solo di un’influenza virale che non se ne va. Devo solo avere pazienza (e che non lo sapevo io?). Per quanto riguarda queste questioni, Buenos Aires si è dimostrata millenni avanti a Roma.

Quindi finora ho fatto poca roba, sto conoscendo la mia zona, lavoro, dormo (cercando di riprendermi), passo del tempo con la mia amica J con cui vivo (ne parlerò di più dopo), e ho visitato la bellissima Palermo con M, parente di un amico, che ieri mi ha fatto praticamente da babysitter e mi ha fatto vedere dov’è la movida porteña. Ed ecco una foto di Palermo. Un posto fico, anche se un po’ troppo curato, che mi ha ricordato molto di un’area di Tel Aviv di cui ho dimenticato il nome. Il tipo di posto che ha un vibe ottimo ma che poi, sotto sotto, mi fa sentire che non ho diritto di abitarci.

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Ora vado, minaccia un altro bel temporale, e io ho un bellissimo posto al sesto piano da cui guardare.

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sarabaroni

Writer. Translator. Digital nomad. Curly goddess.

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