Digressione sui ricci

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Nessun aggiornamento sul viaggio, per il momento. Prometto di farlo a breve, ma per lo più sono stata bloccata a casa grazie a vari virus in circolo nel corpo che cercano di uscire con la tosse… quindi non molto da dire. Prometto che scriverò di più in un secondo momento.

Ma nel frattempo, consentitemi questa digressione.

Chi mi conosce (e certe volte anche chi NON mi conosce) sa quanto siano importanti i miei ricci. E sapete una cosa? C’ho messo tanto ad abituarmi a ‘sti ricci, a capire come gestirli, e ancora di più a volergli bene. Anni fa una mi disse: “Le persone ricce scoprono che i ricci definiscono la loro personalità”. E sì, forse un po’ eccessivo, ma è vero. E le poche volte che mi alliscio i capelli sembro proprio un’altra persona. Per quanto riguarda gli uomini, pare che gli piacciano molto i ricci lunghi… non so se è perché magari fa pensare a una sessualità sfrenata o cosa… ma bene o male questo è il feedback che ho sempre ricevuto.

Ma insomma, perché ci parli di questo? Direte voi… E anche se non l’avete detto, assittatevi e ascoltate.

L’altro giorno ero nella metropolitana di Buenos Aires (subte) e per qualche motivo ho cominciato a notare che ero una delle pochissime donne sul treno che avessero capelli ricci, forse l’unica. Questa città è composta principalmente da persone di origine spagnola e italiana, quindi so di cosa parlo. E soprattutto la maggior parte delle volte, si nota quando una donna si alliscia i capelli. E mi sono messa a riflettere che ormai allisciarseli è la norma. Perché tenersi i ricci se non si è costretti a farlo? Come togliersi un brutto neo, o depilarsi sul viso e sul corpo, usare le lenti a contatto o piccoli lavoretti cosmetici come trucco permanente e cose simili. Quasi come quelle donne che usano sostanze chimiche per schiarirsi la pelle.

E a quel punto mi è venuta in mente questa immagine. Cercherò di spiegarmi meglio.

La bella Julianna Margulies ai tempi d’oro, nel fantastico ER. L’infermiera Carol Hathaway ce la ricordiamo tutti, come ricordiamo i suoi ricci:

JM curlyNon è carina? Ora, confrontiamola con una foto più recente della stessa attrice:

JM wavy

Capelli bellissimi, ondulati, quasi naturali.

E per concludere, confrontiamola anche con il suo aspetto nel telefilm The Good Wife (tra parentesi, una delle serie TV più belle degli ultimi dieci anni. Se non l’avete vista, rimediate subito), neanche uno dei look più “rigidi” che ha ogni tanto:

The Bit Bucket

Riguardiamo la prima e l’ultima foto. Una persona completamente diversa, no? Ma vi sento lamentarvi, quelli sono personaggi, è ovvio che saranno diversi! E io ribatto che nella prima foto, quei capelli sono i SUOI capelli VERI, mentre nell’ultima foto no. Vi prego, fatemi vedere anche un solo esempio in cui i capelli di una donna sono stati fatti a fusilli volutamente, escludendo cose ambientate negli anni ’80 e cose in costume. Non è certo mai stato fatto per donne protagoniste e sexy. Continuo dicendo che il personaggio di Alicia Florrick, di The Good Wife, è abbastanza puritana e impettita, nell’aspetto, quindi i capelli devono conformarsi a questo. Ma a dire il vero, il mio punto non è in particolare sulla bella Julianna: pensate a Nicole Kidman, o a Keri Russel. Il punto è che i capelli ricci vengono stirati ed eliminati dalla nostra vita. I ricci stanno diventando una specie in via d’estinzione.

Mi rendo conto che le donne nere o asiatiche hanno dovuto contendere con questo problema da molto, molto tempo (e su questo punto, vi consiglio caldamente di leggere il fantastico libro Americanah).

Ma lo voglio dire lo stesso. Nella mia vita ci sono altre curly goddesses come me (e voi vi conoscete, ragazze) che accettano la loro riccezza, e ogni tanto sperimentano con la liscezza. E volevo solo riconoscerlo, e dire: smettiamo di appiattirci!

E tanto per metterci un carico un po’ più pesante, ecco uno dei ricci più belli al mondo. Me ne sono innamorata quando ero adolescente:

Canova_65_307_1

Garganta

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“Tra le pompe funebri con l’insegna luminosa intermittente e la libreria agriculturale, ci trovi lì.”

Allora… l’aereo era bello stretto, ma non so come sono riuscita a dormire per quasi tutto il volo, alzandomi solo una volta per usare il bagno.

Buenos Aires mi ha accolto con un bel respiro caldo d’abbraccio, e mi ha sfrugulato la testa con ricordi di Roma, Tel Aviv e luoghi immaginari. La cosa interessante è che non ho avuto nessuno shock culturale, nessuno spaesamento. Tutto sembra molto europeo, anzi italiano, perfino romano per certi rispetti (senza le rovine). Anche le persone più o meno sembrano uguali, gli odori gli stessi. I viali sono più larghi, i palazzi un po’ più alti, le macchine un po’ più americane, e ci sono meno frutta e verdure fresche in vendita nei negozi, ma, nel complesso, questa potrebbe essere la Roma di un universo parallelo (Roma-Fringe?) in cui alcune cose sono organizzate meglio, ma in cui prevale lo stesso atteggiamento, di torpore, stanchezza di vivere, dell’inciampare su marciapiedi rotti e cacca di cane senza neanche pensarci perché, beh, non è un mio problema.

La sorpresina non molto piacevole è stata la malattia che pensavo aver debellato alla partenza. Dopo i primi due giorni, in cui pensavo che fosse solo il grande cambio di clima/umidità e jet lag a farmi sentire così, ho cominciato ad avere altri sintomi. Tosse, mal di gola. Oggi, incoraggiata dalla leggermente ansiosa mamma, ho deciso di farmi visitare da un medico, in caso ci fosse in atto qualcosa di peggio, tipo tonsillite.

Il destino ha vie misteriose, questo lo sappiamo, quindi mi sono ricordata che esattamente davanti casa nostra c’era un’insegna di “otorinolaringoiatria” (nello strano spelling spagnolo); niente di strano: ci troviamo accanto alla facoltà di medicina e siamo circondati di negozi e studi medici di tutti i tipi. Ogni volta che esco di casa per un caffè o il pranzo, noto sempre di essere circondata da uno strano mix di persone, alcuni che indossano camici medici, e altri che sono molto, molto vecchi, che parlano l’uno con l’altro a volumi assurdi e si portano in giro la bomboletta dell’ossigeno…

Comunque… sono andata dall’otorrrrino e, con uno spagnolo da prima elementare, mi sono fatta visitare in meno di 15 minuti, al costo di 300 pesos (che pare sia alto per qui, ma per 30 euro non era male). Alla fine ho scoperto che il medico parlava inglese perfettamente, e il verdetto è che si tratta solo di un’influenza virale che non se ne va. Devo solo avere pazienza (e che non lo sapevo io?). Per quanto riguarda queste questioni, Buenos Aires si è dimostrata millenni avanti a Roma.

Quindi finora ho fatto poca roba, sto conoscendo la mia zona, lavoro, dormo (cercando di riprendermi), passo del tempo con la mia amica J con cui vivo (ne parlerò di più dopo), e ho visitato la bellissima Palermo con M, parente di un amico, che ieri mi ha fatto praticamente da babysitter e mi ha fatto vedere dov’è la movida porteña. Ed ecco una foto di Palermo. Un posto fico, anche se un po’ troppo curato, che mi ha ricordato molto di un’area di Tel Aviv di cui ho dimenticato il nome. Il tipo di posto che ha un vibe ottimo ma che poi, sotto sotto, mi fa sentire che non ho diritto di abitarci.

20150115_171831

Ora vado, minaccia un altro bel temporale, e io ho un bellissimo posto al sesto piano da cui guardare.